“Sul lato selvaggio”
“Non volevo credere al messaggio che i miei sogni mi comunicavano, ma da quando avevo chiesto a Highway Man di usare casa mia come piazza di spaccio sapevo di non avere più una casa, perché, se ne possiedi una, tutto fai fuorché lasciare entrare i lupi.
Ormai era solo un edificio con una quantità di spazio coperto sufficiente per tener fuori la pioggia, e abbastanza pareti per nascondere le nostre anime spezzate.”
Avere che fare con “Sul Lato Selvaggio” significa immergersi in una dimensione in cui il dolore esistenziale inghiotte tutto, senza vie d’uscita. Significa confrontarsi con l’impotenza, la rassegnazione, l’impossibilità di redenzione per una vita sottratta alla dipendenza.
“Il declino del diavolo” è lento ma inesorabile, la speranza cede il passo alle crisi di astinenza che si fanno via via più frequenti, e la soluzione di “far diventare bello anche il lato selvaggio” diventa pian piano un lontano ricordo.
Realtà e allucinazioni si alternano in una trama emotivamente potente, spiazzante, magistralmente composta dalla McDaniel, che, come al solito, non fa sconti e lascia che nel lettore si sussegua un turbinio interiore non indifferente.
Questo libro scuote, a tratti sconcerta, bisogna essere pronti a digerirlo e a tollerare tutto ciò che riguarda la solitudine e la perdita: dei sogni infantili, delle persone care, dell’amore per se stessi, di se stessi, di una vita che si trasforma prima in sopravvivenza e poi in un vortice senza possibilità di ritorno.