Il tempo
Quando mi sono imbattuta ne “L’ordine del tempo” del fisico italiano Carlo Rovelli, mi aveva profondamente colpito una domanda: “Siamo noi a esistere nel tempo o il tempo esiste in noi?”.
A contatto con le storie di vita dei pazienti ci si accorge che lo scorrere del tempo è tutto fuorché lineare: c’è un tempo esterno, più ordinato, e un tempo interno, l’orologio liquefatto nell’opera di Dalì.
In questo caso si ha a che fare con tracce, suggestioni, esperienze che si legano ad ambienti, profumi, volti, sensazioni, i quali, a loro volta, confluiscono in quella che chiamiamo memoria. Memoria che salda i processi sparpagliati nel tempo e dà una qualche consistenza e continuità all’individuo.
Noi non siamo tanto il frutto dei fatti realmente accaduti, ma le rielaborazioni che ne abbiamo fatto. Significati e narrazioni confluiscono nella nostra identità e, come porte d’accesso al nostro mondo interiore, ci informano sul rapporto con noi stessi e con il mondo che ci circonda.
Un rapporto aperto all’evoluzione e al divenire, che è pronto a rimescolare ciò che sembrava sepolto nel passato all’imprevedibilità del futuro, passando per un presente che può durare un secondo o una vita intera.